"Sono sopravvissuta a un colesteatoma bilaterale"
Di Amy Mackey
Da neonata e da bambina, soffrivo di ripetute infezioni alle orecchie. Mi ricordo mia madre che mi appoggiava al frigorifero per somministrarmi le gocce al naso invece delle gocce per le orecchie che utilizzo ora. Mi diceva sempre di sapere quando avevo un'infezione alle orecchie perché il mio comportamento peggiorava notevolmente. Quando non avevo nemmeno cinque anni, partecipai a uno studio di gruppo per la miringotomia bilaterale (tubicini in entrambe le orecchie). Da quanto ho capito, ero l'unica nel gruppo di controllo a non aver superato i problemi alle orecchie. In giovane età, sono stata sottoposta a diverse miringotomie, a numerose dosi di antibiotici, forature del timpano e a volte, il timpano si perforava da solo per effetto della pressione dei liquidi.
A 17 anni, sono andata da uno specialista in otorinolaringoiatria perché pensavo stessi soffrendo di un'altra infezione alle orecchie. Mi hanno subito mandato all'ospedale per eseguire i raggi X. Ai tempi, la TAC e la risonanza magnetica erano apparecchiature avanzate. Tornai dallo specialista in otorinolaringoiatria, non in orario di ambulatorio e con crescenti sospetti. Mi disse che avevo un colesteatoma all'orecchio sinistro. Dopo neanche dodici ore, stavo subendo un intervento chirurgico di cinque ore.
Posizionamento strategico
Trascorsi diversi giorni in ospedale con le vertigini, parestesia alla lingua e un rumore statico in testa comunemente conosciuto con il termine di tinnito. Ero grata del fatto che il nervo facciale era stato risparmiato. Mi ci sono voluti mesi per imparare nuovamente a camminare, sedere o stare in piedi senza sentirmi come il Titanic. E meno male che non sentivo la lingua perché me la mordevo ogni giorno. Ma il tempo cura tutte le ferite, i capelli sono ricresciuti, le vertigini si sono attenuate, mi sono abituata a non sentire la lingua e al ronzio in testa. Ero giovane, tenace e determinata. Ho imparato presto a convivere anche con la sordità totale monolaterale, ricordandomi però di non uscire in giornate ventose senza aver coperto l'orecchio sordo o le vertigini sarebbero ricomparse. Imparai anche a posizionarmi in maniera strategica per udire meglio in gruppo o in classe. La provenienza del suono rappresentava una reale sfida e imparai a voltarmi a sinistra se pensavo che il suono provenisse da destra: l'esatto opposto di ciò che mi diceva il cervello.
La calma prima della tempesta
Nei successivi vent'anni, ho continuato a soffrire di numerose infezioni a entrambe le orecchie, sottoponendomi a sedute di pulizia e somministrazione di antibiotici e gocce oltre a subire la foratura del timpano dell'orecchio "sano", regolarmente secernente. Sono seguiti quindi 15 anni di piccoli incidenti. La calma prima della tempesta successiva.
Lo scorso luglio, sono andata a una cena e ho notato immediatamente di avere delle difficoltà all'udito. Era come se qualcuno avesse spento l'interruttore e con lui, il mio udito. Senza alcun declino graduale. Non avevo dolore e l'orecchio non era secernente né vi era alcun odore proveniente dall'orecchio. Sentivo un po' di pressione sul lato destro del volto all'altezza della guancia, in modo simile a una sinusite. Ho pensato che l'orecchio fosse pieno di liquido.
Autodiagnosi
Negli anni, ho sviluppato diverse tecniche per diagnosticarmi da sola i problemi alle orecchie. Ad esempio, capovolgere la testa di lato per vedere se è presente del liquido nell'orecchio. Lo feci ed ebbi il classico suono e sensazione di orecchio pieno di liquido. Mi era inoltre stato insegnato dal chirurgo a tapparmi il naso e a stappare gentilmente (e sottolineo gentilmente) le orecchie mantenendo la tromba di Eustacchio aperta per consentire il bilanciamento della pressione e il drenaggio del liquido mediante la tromba stessa. Non riuscivo a stappare l'orecchio. Molti anni fa, un medico olistico mi aveva insegnato un'altra tecnica: lavarmi le mani e con un dito, raggiungere l'interno della bocca massaggiando delicatamente gli orifizi (la parte nasale della faringe) dietro alla parte superiore della bocca per favorire il drenaggio. Anche questa tecnica non funzionò. Pensando si trattasse di sinusite, provai il vapore caldo con l'olio all'eucalipto coprendomi il capo con un asciugamano. Queste prove durarono circa un mese. Nel giardino, apparvero i primi lamponi e al mio palato, avevano un gusto orribile, quasi metallico. Non sapevo che si trattasse di un altro segnale di qualcosa che non andava. Iniziai quindi a soffrire di terribili emicranie. Presi un appuntamento con lo specialista di otorinolaringoiatria. Tra me e me pensavo: "Non sarà mica un altro tumore all'orecchio sano?"
Il mio peggior incubo divenne realtà
Lo specialista di otorinolaringoiatria che mi seguiva da 25 anni aveva ridotto il numero di pazienti e mi venne presentato un nuovo consulente. Entrai nell'ambulatorio e gli dissi che pensavo semplicemente di aver bisogno di forare il timpano in modo che potesse drenare il liquido. Gli spiegai la mia storia e lui mi esaminò le orecchie dicendomi che avrebbe voluto utilizzare il microscopio. Dopo aver guardato nel microscopio, mi comunicò che avevo un colesteatoma nell'orecchio destro, quello "sano". Stava diventando realtà uno dei miei incubi peggiori.
Ero stravolta. Nell'orecchio sinistro, soffrivo di una perdita profonda dell'udito dovuta al primo tumore risalente a 36 anni fa. Mi sedetti e iniziai a piangere pensando di diventare sorda per il resto della mia vita. Conosco un po' la lingua dei segni ma, come mi fece notare il chirurgo, non tutti la conoscono. I miei figli la conoscono, ma mio marito no. Come avrei potuto comunicare? Quanto è grande il tumore e ha eroso tutti gli ossi acustici come l'ultima volta? Nei giorni seguenti, e a seguito di una TAC, iniziai ad accettare la sordità.
Ero una candidata idonea per un sistema acustico ancorato all'osso
Una settimana dopo, effettuai un test dell'udito e mi recai a una visita di controllo. Parlammo della possibilità di recarmi in una città più grande per sottopormi all'intervento chirurgico, della possibile ricostruzione dell'orecchio medio e dell'idoneità di un sistema acustico ancorato all'osso (BAHS, Bone Anchored Hearing System). Dopo una lunga discussione, decidemmo che il dottore avrebbe potuto rimuovere il tumore qui nel Montana. L'audiologo e il chirurgo conclusero che sarei stata una candidata idonea a un impianto BAHS dopo la rimozione del tumore.
36 anni fa, non esistevano molte soluzioni che potessero essere d'aiuto alla mia perdita dell'udito. Iniziai a effettuare ricerche nel campo degli impianti a conduzione ossea. Non c'erano molte informazioni a disposizione, ma rimasi sorpresa da ciò che riuscì a trovare. Il concetto è semplicissimo; eppure non riuscivo a comprendere come avessi potuto udire mediante la vibrazione attraverso il cranio. Tutti mi chiedevano se fosse un impianto cocleare. Continuavo a spiegare che si trattava di un impianto in titanio a conduzione ossea, posizionato all'interno del cranio, a metà, con un elaboratore del suono agganciato a un pilastro che sarebbe fuoriuscito dalla cute. L'elaboratore rileva il suono e mediante vibrazioni, lo invia al nervo acustico attraverso l'osso. L'impianto dura tutta la vita e se si allenta, può essere facilmente rimosso e riposizionato in un altro punto.
La semplicità dell'intervento chirurgico
Il chirurgo mi chiamò cinque giorni dopo circa consigliandomi di sottopormi prima all'inserimento del sistema BAHS in modo da non essere completamente sorda alla rimozione del tumore (timpanoplastica con mastoidectomia). Decise inoltre che necessitavo di un intervento chirurgico più aggressivo sulla parete del condotto per il colesteatoma, come per l'orecchio sinistro. L'intervento aggressivo aveva una percentuale di ricorrenza inferiore al 10-20%, mentre per quello meno aggressivo la percentuale di ricorrenza nei primi due anni era dell'80%. Accettai. Non desideravo sottopormi nuovamente a questo intervento: due volte erano più che sufficienti. Mi assicurò inoltre che se fosse nuovamente insorto, sarebbe stato trattato in ambulatorio invece che con un intervento chirurgico importante.
Il 23 settembre 2013 mi sottoposi all'intervento per l'impianto. Un semplice intervento chirurgico di un'ora: comunemente eseguito in ambulatorio. Penso che la parte più difficile dell'intervento chirurgico per l'impianto fosse l'attesa di cinque settimane per l'elaboratore del suono. Avevo resistito quattro mesi con una sordità quasi totale e 36 anni con sordità totale monolaterale. Non avevo un'idea precisa di ciò che sarebbe successo.
Al momento, non riuscivo a udire i miei stessi passi: non ideale se si vive in aperta campagna. Né riuscivo a udire se suonava il telefono, l'acqua corrente, il grido di un'aquila, i veicoli o molti rumori della vita quotidiana. Il tinnito aveva assunto diverse forme ed era ora presente in entrambe le orecchie creando un rumore statico, come un fischio che pulsava con il battito del cuore. Le emicranie si verificavano quasi quotidianamente, debilitandomi completamente e arrossando l'occhio destro. Le conversazioni erano quasi impossibili, anche in ambienti silenziosi. In grandi gruppi, era terribile. I suoni erano confusi, non capivo nulla, udivo a pezzi e cercare di comprendere era snervante sia fisicamente sia emotivamente.
Una nuova vita
Mio nipote, Michael, mi accompagnò il giorno in cui mi avrebbero inserito il sistema Ponto. Entrambi eravamo pieni di entusiasmo. La prima voce che udì fu quella di Michael. Era scesa di un'ottava nei quattro mesi da quando avevo perso l'udito. Per quello non lo riuscivo a sentire. Mi sono messa a piangere e ho compreso immediatamente quante cose mi fossi persa a causa della perdita dell'udito. Guidando per più di 50 km verso casa, abbassai il finestrino notando che continuavo a sobbalzare in mezzo al traffico. Tutti i suoni sembravano così alti: un mondo del tutto nuovo.
A novembre, mi venne rimosso il colesteatoma. Mi ritengo così fortunata. Il chirurgo, che non solo è un professionista di talento, ma anche un dottore gentile e molto umano, mi ha rimosso con successo il colesteatoma in quattro ore. Fu in grado di riparare l'unico osso acustico che il tumore non aveva distrutto con una fascia e un innesto di cartilagine, in modo da preservare il poco udito di cui ancora disponevo. L'area di ricostruzione delle altre ossa era troppo piccola, per cui non riuscì ad avere la ricostruzione dell'orecchio medio. Ebbi anche un innesto parziale di timpano per impedire ai batteri di raggiungere la tromba di Eustacchio. È stato nuovamente risparmiato il nervo facciale, ma non fui così fortunata con la lingua e ho perso molto del senso del gusto. Sono trascorsi cinque mesi. Sono ancora in fase di guarigione e mi sto abituando a udire di più di quello che abbia potuto sentire in 36 anni.
Mi considero una sopravvissuta e ne sono grata ogni giorno. Soffro ancora di diverse forme di tinnito grave, ho a volte le vertigini, una forma leggera di distorsione della voce, meno emicranie e una lingua senza il senso del gusto. Tuttavia, grazie al sistema Ponto Plus Power e allo Streamer di Oticon Medical, riesco a udire. Mi ha veramente cambiato la vita.